Per espressa previsione legislativa le spese sostenute per la sponsorizzazione di associazioni sportive dilettantistiche e di società sportive dilettantistiche sono ammesse in deduzione dal reddito prodotto fino a concorrenza della somma di 200.000 euro qualificabili come spese di pubblicità. Si tratta, in tal caso, di una manifesta previsione di “presunzione legale assoluta”, la quale non consente margini valutativi rispetto alla possibile deduzione di antieconomicità della spesa.
Da un punto di vista normativo, infatti, tenuto conto della decisione contenuta nell’art. 90, c. 8 L. 289/2002, il corrispettivo in denaro o in natura in favore di società e associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni costituite da istituzioni scolastiche, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciuta dalle Federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva, costituisce, per il soggetto erogante, fino a un importo annuo complessivamente non superiore a 200.000 euro, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario.
Questa disposizione, prima abrogata nel contesto della riforma del “Terzo settore” è stata interamente reintrodotta nel provvedimento di riforma (art. 12 D.Lgs. 36/2021).
In pratica, le condizioni per rendere pienamente legittima la deduzione di tali tipologie di costi appare condizionata dalla sussistenza dei seguenti elementi:
- i corrispettivi erogati devono essere necessariamente destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante;
- deve essere riscontrata, a fronte dell’erogazione, una specifica attività del beneficiario della medesima.